Dongguan Nengjiang Electronic Technology Co, Ltd

Our News : Recensione BGVP DM6

Introduzione

Ci sono due tipi di persone: quelli che si fanno trascinare dal treno dell’hype e quelli che mentono. Io, che sono una persona sincera, per queste DM6 non ci ho dormito le notti. E non ci ho dormito perché Bad Guy – no, non il pezzo di Billie Eilish, bensì BGGAR – ed altri influenti membri della comunità audiofila hanno scosso gli animi elevando a reliquia questo paio di monitor. Parliamo di 200$ (USD), un prezzo che per un audiofilo comunemente inteso è considerabile noccioline, ma per una persona come me - o come molti lettori del sito – è decisamente proibitivo. Basti pensare che il miglior lettore MP3 – iPod defunti a parte – a mia disposizione è un FiiO M7, che costa più o meno la stessa cifra di queste cuffie. Sebbene non ci sia una formula matematica per scandire il rapporto tra i prezzi delle varie attrezzature, mi è comunque abbastanza semplice dedurre che per pilotare cuffie di questa fascia (e oltre) sia necessario qualcosa di meglio di un DAP entry-level. In ogni caso, quando questo brand si è presentato al pubblico lo scorso anno con le DMG e le DM6, il mercato ha subìto un brusco scossone, realizzando quanta qualità fosse ormai raggiungibile spendendo meno di 200 dollari. Non perché siano pochi, in assoluto, lo ripeto; ma perché questi prodotti sono stati subito associati a mostri sacri come le Shure SE846 o alcuni modelli di Empire Ears, notoriamente molto più costosi. Grazie a fornitori e amici, ho messo le mani su entrambi i monitor di BGVP – che, per inciso, significa Best Gear for Various Personalities -, realizzando inoltre che trattasi dello stesso brand che un tempo era Sidy Studio, di cui ho per puro caso le DM3 (d’altro canto, pure il nome è un indizio bello grosso) prese su Penon (link qui).

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Scatolame

Scriverei di quanto mi piace o non mi piace la presentazione, ma di queste DM6 ho preso il testimone da un amico e collega, a mo’ di staffetta, il quale mi ha fornito solamente cuffie e cavo. Dunque, ne approfitto per dire che le ho personalizzate affinché avessero quel che – secondo l’agitazione generale – meritavano. Un cavo migliore (quello stock argentato è un po’ rigido, sebbene abbia degli ottimi connettori), degli adattatori auricolari seri, un astuccio rigido per il trasporto. Il cavo che ho scelto è un 16 core a singolo cristallo, in rame, di HiFiHear, senza archetti precurvati, da 3.5mm. I gommini li ho presi in prestito dalle sorelle DMG (quelli blu), dalle NiceHCK N3 (quelli bianchi) e dalle ADVANCED M4 (i Comply in memory foam). L’astuccio l’ho preso su Gearbest. Ora devo dire che si presentano molto bene – e ci mancherebbe.

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 Suono

Ecco, a parlar di suono mi sento agrodolce. No, le DM6 non hanno atteso le aspettative. Sì, ci sono comunque affezionato. Parliamo di una configurazione a 5 armature bilanciate, alcune delle quali della Knowles – marchio leader del settore, che lavora per gli apparecchi acustici. Una cosa che ho notato subito è che sono estremamente facili da pilotare. Nonostante la quantità di driver, il volume è altissimo anche se la sorgente è un semplice smartphone. Senza dubbio una nota positiva. Come d’altro canto lo è il livello di dettaglio che riesce a scaturire durante la riproduzione dei brani. Quest’ultima è una caratteristica che ci si aspetta da questo tipo di driver. Ciò che, invece, non ci si attende, è un basso così prorompente. Non suona come un basso da driver dinamico, ha meno coda e meno vitalità, però è davvero massivo – in senso positivo. L’estensione è buona nel sub, che non manca di corposità; anche i bassi-meno-bassi sono ben gestiti, senza andare ad inficiare sulle medie frequenze. Medie frequenze che sono, probabilmente, il fiore all’occhiello di questo set: precise, ben separate nei livelli, ariose. Gli strumenti non si confondono nel mix, la distribuzione nello spazio è precisa e le voci risaltano sulla scena. Gli alti sono piacevoli: temevo di trovare gli stessi sibili delle sorelle DMG, ma non sono né sibilanti, né aspre, né in genere brillanti. Una gamma alta davvero ben gestita, a volte addirittura troppo controllata. Questo suona potenzialmente negativo, perché – in effetti – non c’è quell’insieme di picchi in alcune frequenze che ingannano il cervello per quanto concerne lo spazio percepito. Nessun trucco di psico-acustica, dunque, fattore che rende il suono un po’ chiuso e il palcoscenico solo nella media. Nulla di troppo ovattato, ma certamente un suono tendenzialmente scuro e poco brillante. Perché tra tutti questi elogi mi sento ancora agrodolce? Perché per le notti che ci ho perso mi aspettavo di piangere dall’emozione ad ascoltare questi monitor; ma no, nulla del genere. Un buon set, molto analitico, davvero consigliabile agli amanti dei bassi e un ottimo strumento da palco – perché, tra parentesi, ogni cosa di questo set suggerisce il possibile utilizzo on stage. Forse sono cuffie un po’ troppo colorate per chi si aspetta di utilizzarle come monitor in studio, ma nulla di drammatico, in realtà. Il tuning è di alto livello.

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 Ah, ho usato il già citato FiiO M7, ma non solo. Quando avevo in test l’iFi xDSD, M7 gli era un ottimo compagno. E poi il mio fido MacBook Pro, che si giostra tra l’interfaccia audio che uso per produrre (la scontatissima Focusrite 2i2), il Topping NX4 (un buonissimo DAC/Amp dalle dimensioni molto contenute) e l’XDUOO XP-2, simile al precedente ma meno potente – tuttavia più versatile. Ci ho ascoltato di tutto – davvero, di tutto. Citando qualcosa: the Bloody Beetroots, Billie Eilish, Bon Iver, Everything Everything, Coldplay, Muse, Toto, Jack Garratt, nonché montagne di pezzi di musica d’autore italiana contemporanea e non.

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Confronti

Non trovo le DM6 migliori o peggiori delle DMG – entrambe affermazioni che ho sentito fare. Sono altresì prodotti difficili da comparare, data la diversa tecnologia al loro interno. Non mi sento di mettermi ad analizzare in velocità il suono delle DMG rischiando di trascurare dettagli importanti, ma dal mio punto di vista le DM6 hanno subìto una notevole raffinazione delle alte frequenze (leggere assenza di sibili) e delle basse (il controllo è decisamente superiore). I medi, inoltre, sono meno incassati. Di contro, suonano in modo meno divertente e meno naturale, certamente più analitico. Le DMG vincono per quanto riguarda l’ampiezza percepita della scena.

Le AudioSense T800 vincono perché portano tutto il buono a un livello superiore, controllano ancora di più i bassi e ampiano il palcoscenico. Il dettaglio, poi, è ancora migliore.

Le YinYoo Topaz sono più piatte, meno dettagliate, con meno bassi, mentre le sorelle D2B4 sono simili alle DMG come configurazione hardware ma suonano peggio in ogni ambito.

Le IKKO OH1, pur essendo ibride e con molti meno driver, sono comparabili – ma più divertenti e dalla spiccata vitalità.

 

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Conclusioni

Tutto qui?

Quasi.

Probabilmente non riuscirete più a trovarle, queste DM6, se non nel mercato dell’usato. Sono fatte a mano, la produzione è sempre stata molto lenta anche durante il massimo periodo di vendita; inoltre, ci sono stati alcuni problemi tra il brand e il rivenditore ufficiale che le aveva, ad esempio, messe su Drop – altro motivo del successo, probabilmente, era la scarsa reperibilità ma l’altissima richiesta. Adesso BGVP si è stanziato come un brand di massa, con tantissimi modelli – anche troppi. Le top di gamma non sono più le DM6, nemmeno le successive DM7 (che hanno comunque subito un rincaro di 100$); sono le ArtMagic V12 e le sorelle ES12 (ibride elettrostatiche). Dal prezzo pressoché decuplicato. Il che mi rende tristemente difficile testarle.

 

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Le consiglio? Anzi, al condizionale: le consiglierei? Sì, sono un ottimo prodotto, ma non sensazionale come alcuni hanno tentato di farci credere. Se le trovate, anche usate, sono un pezzo da collezione che punterei ad avere.

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